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Tra luci e ombre

  • Immagine del redattore: Mente Fotografica
    Mente Fotografica
  • 22 mar 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

Nonostante la storia abbia ufficialmente attribuito la paternità della scoperta della fotografia a Daguerre, recentemente gli studi hanno fatto emergere che forse la fotografia ha un padre ancora più vecchio. Sicuramente Daguerre e Talbot hanno dato alla storia la concezione di fotografia: lo spirito imprenditoriale del primo e le conoscenze tecnico-scientifiche del secondo hanno fatto sì che, anche se agli albori, la fotografia potesse essere la "nuova arte del futuro"e non più un oggetto misterioso. Ciò che la storia non aveva messo in conto è che essa stessa sarebbe cambiata a causa di una singola lettera, precisamente di una "W".


Il 7 Aprile del 2008 in un'asta alla Sotheby's venivano battuti sei foglietti fotogenici, i quali erano datati intorno al 1839, lo stesso periodo nel quale Talbot brevetta le sue scoperte (fogli fotogenici) in contrapposizione all'ufficialità della scoperta della fotografia e del Dagherrotipo da parte di Daguerre. L'asta fu però rinviata poiché gli investitori volevano informazioni su quel lotto prima di procedere alla battuta della stessa.  Interpellarono lo studioso e storico della fotografia Dr. Larry Schaaf, il quale diede loro una risposta sorprendente, quei fogli non appartenevano a Talbot ma bensì a Thomas Wedgwood, un ricercatore che avrebbe condotto esperimenti per fissare le immagini su carta resa sensibile alla luce più di vent'anni prima dello stesso Talbot, infatti, una piccola "w" era incisa in inchiostro sui fogli, ed il ritrovamento di una corrispondenza tra Wedgwood e James Watt (nella quale  parlavano di tali esperimenti) condussero lo storico a ritenere che i fogli fossero datati tra il 1790 e il 1791. La scoperta ci porta a credere che la prima impressione di un'immagine su carta sia avvenuta quindi in quel periodo (se ciò verrà confermato) anticipando così la prima fotografia della storia attribuita a Niepce.  Wedgwood passò la sua vita a sperimentare le "solar pictures", ovvero immagini su carta sulle quali depositava uno strato di nitrato d'argento. Nel suo documento " Account of a method of copying painting upon glass" - pubblicato sul Journal of the Royal Institution of Great Britain - annotava però che non si conosceva ancora il meccanismo per interrompere il processo di sensibilizzazione, in parole povere l'immagine non poteva essere conservata.

Nel 1796 Nicéphore Niepce iniziò le sue ricerche su come incidere su una lastra da incisore le immagini riprodotte dalla camera oscura usando il bitume di Giudea (asfalto siriano). Il bitume infatti è sensibile alla luce. Il procedimento era semplice, si cospargevano le lastre con un sottile strato di bitume e le si collocavano sul fondo della camera oscura, rendendo le lastre così fotosensibili. Dopo un'esposizione di diverse ore, le parti esposte alla luce si scolorivano e si indurivano mentre le regioni scure del supporto non subivano alterazioni. Ad esposizione conclusa la lastra veniva lavata con una essenza di lavanda per rimuovere il bitume in eccesso e cosparsa d'inchiostro. L'inchiostro si depositava nelle zone scure, quelle erose dall'incisione dell'acido.

Il processo fu battezzato "eliografia", procedimento che, una volta affinato, portò alla creazione nel 1827 della prima ripresa fotografica della storia, "Point de vue du Gras". Anche se la qualità dell'immagine fu molto povera, compromessa dai contorni poco nitidi e dall'inadeguatezza della messa a fuoco, sicuramente siamo di fronte ad un'opera rivoluzionaria. La storia della fotografia si arricchisce, prende vita, si insinua nella vita e nella scienza di inizio '800, forse nel periodo migliore, quello dell'imminente nascita della prima Rivoluzione Industriale. Non poteva trovare terreno più fertile. Siamo giunti alla fine di questo spezzone di storia della fotografia, che racconta le controversie della sua nascita  e la bellezza, al tempo stesso, della scoperta. Nasce da queste trame  la prima immagine della storia prodotta senza l'intervento dell'uomo, un quadro nel quale l'artista ha usato come pennello la scienza e come tavolozza dei colori la natura stessa. Buona Luce!


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