Galeotta fu...la luce
- Mente Fotografica
- 23 mar 2020
- Tempo di lettura: 3 min
La storia dà un posto speciale ai vincitori, tralasciando a volte l’importanza dei vinti.
L’astuzia e la mentalità impreditoriale di Daguerre lo hanno portato a sopraffare lo spirito scientifico di Niépce, “battendolo sul tempo”.
Tuttavia gli studi di Niépce fanno nascere la fotografia commerciale.
Anche se non gli è attribuita la paternità storica, a lui sarà attribuita la concezione moderna di fotografia, fruibile da tutti e non di nicchia come era quella del dagherrotipo.
Una nicchia che però si basava non sulla conoscenza culturale o scientifica, ma sul mero denaro.
La “creatura” di Niépce, basandosi su processi chimico-fisici, ha dato vita ad un processo culturale che cambierà la visione dell’arte figurativa nella storia.
Il nome della sua scoperta era basato sulle fondamenta dei suoi studi, ovvero
"Eliografia : Ἥλιος hēlios (sole) e γράφειν gráphein (disegnare)".
Niépce si interessò delle proprietà fotosensibili del bitume di Giudea (asfalto) normalmente solubile all'olio di lavanda, che indurisce se esposto alla luce.
Per i primi esperimenti Niépce utilizzò un'incisione di Papa Pio VII, ma di queste prove non ci rimangono esemplari.
I primi risultati si ebbero con i tentativi successivi, egli utilizzò l’incisione del cardinale Georges d’Ambrosie, la quale fu applicata su una lastra di peltro e cosparsa di bitume.

Dove la luce riuscì a raggiungere la lastra di peltro attraverso le zone chiare dell'incisione, sensibilizzò il bitume, che indurendosi non poté essere eliminato dal successivo lavaggio con olio di lavanda. La superficie rimasta scoperta venne scavata con dell’acquaforte (acido nitrico) e la lastra finale poté essere utilizzata per la stampa.
Nel 1826 iniziò ad applicare i suoi studi sui materiali fotosensibili all’interno delle camere oscure, fu così che diete vita alla prima fotografia della storia: “ Point de vue du Gras”.Immagini migliori si ottennero su supporto in vetro, che permise di realizzare eliografie più definite.
Nel 1829 il contratto di associazione tra Daguerre e Niépce portò ad un passo in avanti del processo eliografico, sostituendo il bitume con della resina ottenuta disciogliendo in alcool la lavanda ed esponendo la lastra a vapori d’olio di petrolio prima del suo lavaggio definitivo. I vapori condensavano sulle parti della lastra non colpite dalla luce, sciogliendo la resina e rendendo quelle zone trasparenti, al contrario le zone esposte alla luce non venivano toccate dai vapori.
Nonostante la collaborazione Daguerre riuscì con astuzia ad accaparrarsi la paternità dell’invenzione. Alla morte di Niépce, nel 1833, stipulò un nuovo contratto con il figlio del defunto, nel quale si dichiarava che Daguerre era l’inventore del procedimento.
Questo era un estratto del contratto
"Io sottoscritto dichiaro con il presente scritto, che il signor Louis Jacques-Mandé Daguerre mi ha fatto conoscere un procedimento di cui è inventore. Questo nuovo mezzo ha il vantaggio di riprodurre gli oggetti dieci o venti volte più rapidamente di quello inventato dal signor Joseph-Nicéphore Niepce, mio padre. In seguito alla comunicazione che mi ha fatto, il signor Daguerre acconsente ad abbandonare alla società il nuovo procedimento di cui è inventore e che egli ha perfezionato, a condizione che questo nuovo procedimento porti solo il nome di Daguerre”.
Il dato è tratto, la storia parlerà di lui e della sua invenzione.
L’invenzione che permetterà di dare un’immagine unica della visione umana del mondo, non riproducibile, preziosa perché frutto del suo intelletto e delle sue ricerche.
Rivoluzionaria perché sfrutterà la chimica e i processi fisici senza dover chiedere nulla alla mano dell’uomo.
Vorrei concludere però con questo spunto tratto dalla relazione di M. Melloni alla presentazione del Dagherrotipo in Italia:
“Chi avrebbe creduto pochi mesi fa che la luce, essere penetrabile, intangibile, imponderabile, privo insomma di tutte le proprietà della materia, avrebbe assunto l'incarico del pittore disegnando propriamente di per se stessa, e colla più squisita maestria quelle eteree immagini ch'ella dianzi dipingeva sfuggevoli nella camera oscura e che l'arte si sforzava invano di arrestare? Eppure questo miracolo si è compiutamente operato…” Ora sta a noi immortalare sapientemente il miracolo quotidiano che la luce ci offre. Buona Luce!
"Eliografia Cardinale G.d'Ambroise" ©Google immagini
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