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Il rumore di un'immagine

  • Immagine del redattore: Mente Fotografica
    Mente Fotografica
  • 27 mar 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

Dal 1850 in poi cambierà il modo di concepire la fotografia. Pian piano si passerà alla massificazione della fotografia, le scoperte tecnologiche e la velocità di ottenere le stampe in maniera abbastanza celere avvicinerà molto gli artisti a questa nuova arte. Si apriranno i primi circoli fotografici e inizierà l’era della fotografia intesa come documento, come immagine reale della società e del tempo in cui si vive. Inizia l’era del reportage, del futuro FOTOGIORNALISMO. La fotografia inizia ad impossessarsi del suo ruolo cardine: narrare il tempo. Gli scatti dei primi reportage e delle prime spedizioni fotografiche costituiranno le basi della nostra memoria storica. Lo stupore e la meraviglia dei primi fotografi verso questa nuova arte e il suo elevato potenziale iconico ed emotivo li porterà a fotografare con giudizio e senso di partecipazione ogni evento, valutando la fotografia come una vera arte narrativa, che usa l’immagine come penna per penetrare le coscienze. È proprio studiando l’etimologia della parola reportage che si evince l’importanza della fotografia come documento storico. Reportage in francese infatti indica un “tipo di articolo in cui viene privilegiata la testimonianza diretta”. Le foto avranno come soggetto la vita del mondo con lo scopo di indagare ogni risvolto della realtà e della società che ci circonda.


Con i primi reportage di guerra la fotografia inizia a diventare uno strumento per raccontare. Aprì la strada in questo senso l’italiano Stefano Lecchi che realizzò il primo reportage di guerra immortalando i luoghi che furono teatro degli scontri tra Francesi, forze papaline e i sostenitori della Repubblica. Quello fu un evento spontaneo dettato dal voler documentare attraverso le immagini un avvenimento di cronaca. È Roger Fenton, inviato invece dalla regina Vittoria, ad essere considerato il primo reporter di guerra della storia. Egli racconterà con i suoi scatti la Guerra di Crimea.



Posizione diversa quella assunta da Fenton, il cui lavoro ebbe più una funzione propagandistica: realizzato con l’intento di difendere la politica del suo paese, omette gli aspetti più crudi e spaventosi, entrando in conflitto con quanto descritto da William Russel (il primo corrispondente giornalistico di guerra) nei suoi scritti. Le sue foto però, riuscirono a rendere accettabile agli occhi dell’opinione pubblica inglese la spedizione in Crimea: la missione “propagandistica” per la quale era stato scelto e per cui aveva scelto la fotografia come strumento di narrazione aveva avuto successo. Anche se, con poco senso critico, i primi reportage riportano alla società una testimonianza di quello che stava succedendo nel mondo. Le fotografie provenienti dai territori di guerra evidenziarono, inoltre, le potenzialità della fotografia come strumento giornalistico.


In quegli anni nacquero anche i primi “reportage civili”.

Le fotografie di questi viaggi esprimono il sentimento di un tempo e di un luogo, ritraggono una terra, la sua gente o la sua cultura nel suo stato naturale. I futuri reportage etnografici. Siamo giunti, quindi, nella fase in cui la fotografia, povera di mezzi tecnici, esprimeva a pieno il suo potenziale. La fotografia intesa come strumento per arrivare a smuovere le coscienze. Il mondo ora ha nelle sue mani la penna che narrerà la storia e lo farà sfruttando il potere dell’immagine. Sarà una delle tante rivoluzioni che, tra l’ ‘800 e il ‘900, cambierà la visione e il modo di concepire la società. Fu il simbolo più democratico del cambiamento apportato dalla Seconda Rivoluzione Industriale, dove il potere delle macchine e della tecnologia, pian piano, prenderà il posto dell’uomo, l’automazione il posto della manualità. La fotografia in parte rispecchierà questa rivoluzione intesa come migliorie tecniche, ma sarà al tempo stesso contro-rivoluzionaria perché come dirà poi John Hedgecoe:


“Attrezzatura e tecnica sono solo l'inizio. È il fotografo che conta più di tutto.”



Concludiamo questa tappa con un pensiero di uno dei più grandi fotografi di guerra della storia, ovvero Robert Capa:



“La verità è l’immagine migliore, la miglior propaganda.”

Anche se all’inizio strumentalizzato, il reportage fotografico sarà la narrazione reale e cruda dalla società, immortalandola per sempre in immagini che racconteranno il tempo e il contesto sociale in cui esse furono scattate.





Immagini © Google Immagini

 
 
 

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