Le due facce della stessa medaglia.
- Mente Fotografica
- 25 mar 2020
- Tempo di lettura: 3 min

“Riflettevo sull’immutabile bellezza dei quadri che la Natura offre e che le lenti della camera oscura riproducono sulla carta. Quadri favolosi che però si dissolvono in un baleno. Fu facendo questi pensieri che mi venne in mente come sarebbe stato bello fare in modo che le immagini naturali si imprimessero da sole sulla carta rimanendovi fissate per sempre“.
É con questi pensieri che Talbot inizia la sua ricerca sui materiali fotosensibili, dopo che nel 1833 i risultati di disegno ottenuti con la camera lucida, l’alter ego della camera oscura, risultarono infruttuosi.
I suoi studi sui materiali fotosensibili terminarono nel 1834, riuscendo a ottenere i primi disegni fotogenici. Egli ci riuscì immergendo la carta in una soluzione di sale da cucina e nitrato d’argento, ottenendo il cloruro d’argento, mise poi degli oggetti sui fogli ed espose tutto alla luce. Il risultato fu la comparsa dell’immagine sul foglio ma con toni invertiti.

I primi esperimenti fallirono poiché non era ancora chiaro come fissare l’immagine sul foglio.Fu la collaborazione con John Herschel a migliorare sensibilmente i risultati, egli infatti riuscì a far mantenere l’immagine creata sul foglio e quindi a fissarla, utilizzando l’iposolfato di sodio.
La scoperta del fissaggio permise di creare il negativo dell’immagine riprodotta.
Fu nel 1835 che Talbot descrisse il suo procedimento…
«Nel processo fotogenico o sciagrafico (dal greco skia, «ombra»), se la carta è trasparente, il primo disegno può servire come oggetto, per produrre un secondo disegno, nel quale la luce e le ombre appariranno rovesciate.»

Ora la storia della fotografia ha la sua matrice!
Con la sua invenzione Talbot fa sì che un negativo di un’immagine possa essere riprodotto più volte, inoltre questo procedimento era estremamente veloce rispetto al dagherrotipo, infatti l’esposizione andava dai 10 secondi ad un massimo di qualche minuto e di mezz’ora per il fissaggio finale.
Il positivo dell’immagine era ottenuto immergendo dei fogli da scrittura in una soluzione di sale da cucina, attesa poi l’asciugatura il foglio veniva pennellato con il nitrato d’argento. Il tutto veniva unito al negativo e messo all’interno di due lastre di vetro. L’esposizione del positivo durava all’incirca 15 minuti.
La prima “fotografia commerciale” ora si insinua nel tessuto sociale europeo di metà Ottocento travolto dalla Grande Depressione e in procinto di rialzarsi a inizi ‘900 con la Seconda Rivoluzione industriale.
La sete di rivoluzione nel campo tecnologico porta alla rivalutazione del concesso stesso di arte, è il lato positivo della medaglia, che vede l’avanzata della scienza e dei progressi tecnologici.
La fotografia, arte partita secoli prima come concezione, trova campo fertile nel mondo scientifico di quegli anni. Si promuove e si insinua in quella nuova società borghese avara di supremazia e di smanie di protagonismo. Quel tessuto sociale porta alla crescita esponenziale di questa nuova arte che ben rispecchia l’ego personale ed economico della fasce agiate.
Questo può considerarsi il lato negativo di quest’arte che seppur nata con un intento nobile ha subito fin dagli albori le speculazioni “umane”, come ogni arte, come un tempo la pittura, anche la fotografia subisce un iniziale sciacallaggio da parte della borghesia.
Talbot con la sua invenzione aveva trovato il modo artistico di raffigurare il suo tempo, “il negativo e il positivo” di quella società che porterà l’arte ad essere uno strumento capitalistico, meramente commerciale.
Ma vedremo che non è non sarà sempre così.
Ora tocca a noi capire da quale lato vogliamo stare!
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