Lo specchio della memoria
- Mente Fotografica
- 26 mar 2020
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Sicuramente la prima fotografia non era per tutti, ci sono voluti anni e passi tecnologicamente importanti verso la massificazione della fotografia e, quindi, verso la fotografia moderna.
Dieci anni dopo l’ufficializzazione del Dagherrotipo vennero aperti i primi studi fotografici - il primo in Europa fu quello di Richard Beard a Londra - e si concretizzarono i primi progetti fotografici.
Nascono anche le prime industrie fotografiche (tra cui la Zeiss) e nasce a New York il primo giornale per fotografi, il “The Daguerrian Journal”.
A fine ‘800, complice anche la Seconda Rivoluzione Industriale, la fotografia compie enormi rivoluzioni.
La svolta si ebbe nel 1851, quando Frederick Scott Archer propone la tecnica del collodio umido e l’ambrotipo (essenzialmente un negativo su vetro) che spiana la strada alla stampa di fotografie su carta in una qualità superiore rispetto alla calotipia.
Hermann Vogel - professore all’Accademia di Berlino - così si espresse a proposito della fotografia e del suo modo di rivoluzionare la società:
“Nella lunga serie delle brillanti scoperte scientifiche del nostro secolo, due sono sopra le altre eminenti: la fotografia e l’analisi spettrale. Mentre la seconda non è uscita dal campo scientifico, la fotografia si è invece rapidamente introdotta nella pratica e non v’è arte, non v’è mestiere, non v’è insomma manifestazione dell’umana attività dove essa non porti un aiuto sommamente utile ed efficace”.
La “rivoluzione” portata dalla fotografia quindi si estenderà ben oltre le soli Arti figurative, invadendo ogni settore, questa era la risposta di una società in rivoluzione e aperta alla modernità, quella che in quegli anni apportò enormi progressi nelle applicazioni scientifiche e nei processi tecnologici.
La fotografia funse da boa, abbatté tutti i muri creati fino ad allora rivoluzionando la visione del mondo. Un’arte che rispecchiava la società, vogliosa di riscatto e pronta ad abbandonare il “vecchio” per inseguire il progresso il “nuovo che avanza”.
Anche nella stessa fotografia si rispecchiava questo eterna ricerca del nuovo, della miglioria, tanto che in meno di dieci anni si passò dalla dagherrotipia alla calotipia.
Si passò dallo “specchio della memoria” alla diffusione del mezzo fotografico.
Dalla miniatura perfezionata del dagherrotipo , unica e estremamente lucente (per questo venne appellata specchio dell’anima), ma relegata ad un’élite di benestanti, si passò alla massificazione delle immagini e del loro universale utilizzo, data la velocità di esecuzione e dalla versatilità del Tlbotipo e al suo costo più accessibile.
Quello che in futuro sarà il tallone d’Achille della fotografia artistica, nei suoi primi anni fu invece la sua forza.
La sua costante e involontaria tendenza di massificazione, di essere la descrizione reale e “vera” della società e non solo di una parte di essa.
Non fu solo segno tangibile dell’evoluzione storico-sociale , ma anche mezzo per “iconizzare” i sogni.

É così che i primi viaggiatori (gli antenati dei Travelblogger, ndr), specialmente lungo il Grand Tour, se ne servono sostituendo con la fotografia il disegno.
I calotipi di questi viaggiatori mostreranno in modo stupendamente credibile le immagini della natura, trasformando per la prima volta in immagini concrete l’idea delle “meraviglie del mondo”.
La massificazione della fotografia trova spazio soprattuto oltre oceano, dove la smania di un patrimonio artistico (a differenza dell’Europa) e la fiducia nelle nuove tecnologie aprono le porte alla diffusione e alla massificazione della fotografia.
Ad opporsi a questa massificazione, che giungerà il suo apice a fine ‘800, nascono i primi circoli dove i fotografi amatoriali potevano registrarsi. Ne faranno parte, all’inizio principalmente personaggi del ceto borghese e per lo più persone che associano la fotografia più che ad una vera forma d’arte ad un vero e proprio status symbol.

L’uso non commerciale e disinvolto del mezzo fotografico consentirà negli anni a cavallo tra l’800 e il ‘900 di esprimere con il linguaggio fotografico un nuovo percorso narrativo, un racconto insostituibile e vero sulla vita delle città, nasce così il primo fotogiornalismo.
La nuova concezione di arte e il “nuovo concetto di immagine” tuttora divide la fotografia.
Qualsiasi sia il senso che si voglia dare alla propria visione delle cose, la fotografia nel corso della sua storia ha fatto sì che l’arte fosse vista come patrimonio comune e non relegata ad una nicchia della società.
Potrebbe essere considerata banale e alla portata di tutti, perché fatta da una macchina e non dalla mano di un’ artista, ma di sicuro non meno importante.

La prima massificazione della fotografia ha portato a rivalutare il modo di concepire il mondo, ha ridato luce ad una parte della società che prima viveva nell’ombra, è scesa nel reale per dare un’immagine completa della società senza esclusioni.
Ha posto lo sguardo sulle cose perse di vista, dando un’identità collettiva ma anche privata, familiare…intima.
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